Alla scoperta di Reggio Calabria

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“Il più bel chilometro d’Italia”, così Gabriele D’Annunzio definì il Lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, che rappresenta uno dei luoghi più iconici della città e fa da filo rosso tra il porto e l’antico fortino. Prendetevi del tempo per percorrerlo, studiatene a fondo il panorama circostante, apprezzatene i dettagli, scoprite i palazzi in stile liberty, meravigliatevi di tutta la naturale bellezza - ad esempio della grande varietà di alberi che comprende specie tropicali e subtropicali centenarie. Senza dubbio, avendo seguito questi suggerimenti, percorrere il più bel chilometro d’Italia sarà un’esperienza di autentico piacere.

Ma iniziamo questa passeggiata dal centro città e andiamo alla scoperta della storia di Reggio Calabria.

Visto che diciamo che devono prendersi tempo per poterlo scoprire per bene, mezz’ora forse non basta


La storia

Castello Murat

La felice posizione sullo Stretto fece sì che la città di Reggio Calabria divenisse l’oggetto dei desideri dei tiranni siciliani. Riuscì a conquistarla, nel 386 a.C., il tiranno di Siracusa Dionigi che, dopo averla distrutta per assoggettarla al suo potere, la ricostruì più bella di prima assegnandole il nome di “Febea”.

Quando poi il generale Pirro lasciò l’Italia, la città passò sotto il controllo di Roma con il nome di “Regium”; mentre durante l’impero di Ottaviano Augusto assunse quello di “Regium Iulium”.

Diversamente da quanto si potrebbe pensare probabilmente il nome “Reggio” non significa “regio” o “del re”, ma deriva da una parola greca che indica la situazione fisica della “rottura” della penisola italiana.

Dopo la devastazione che ne fece Alarico nel 410 a.C., la città cadde sotto il dominio dei Bizantini, dei Saraceni, dei Normanni, degli Svevi e – in fine - degli Aragonesi, che la elessero a capoluogo di tutta la Calabria. Saccheggiata più volte dai corsari turchi, la città dovette subire disgrazie ancora più terribili a causa dei terremoti che la colpirono ripetutamente dal 91 a.C. per finire distrutta da quello del 1783 e nuovamente da quello del 1908. Solo tre anni dopo venne attuato un piano di ricostruzione della città e Reggio risorse con pianta regolare a scacchiera nello stesso luogo in cui sorgeva prima del terremoto. Vennero finalmente abbattuti i quartieri malfamati della vecchia città e si dette il via anche alla sistemazione dell’area compresa tra i torrenti Calopinace e Annunziata, per rendere la città sempre più bella e vivibile.


Il museo archeologico e i Bronzi di Riace

La grande ricchezza di Reggio Calabria è soprattutto quella di ospitare il Museo Archeologico Nazionale, tra i più rappresentativi della Magna Grecia in Calabria. Oggi si sviluppa su 11.000 mq, in un percorso logico e temporale che illustra tutta la storia​ di questo​Paese dal Neolitico al periodo Romano. Il Museo prende vita nel 1954 principalmente per raccogliere le collezioni civiche e statali degli scavi condotti dall’archeologo trentino Paolo Orsi e dalla Soprintendenza della Regione Calabria. Nel 2009 il museo viene riqualificato e oggi conta 200 vetrine e quattro livelli.  La sua fama è legata alla presenza dei Bronzi ritrovati nel 1972, nei fondali marini di Riace (da cui il nome Bronzi di Riace). Si tratta di due meravigliose sculture di bronzo che rappresentano, secondo le ultime ipotesi, rispettivamente un guerriero e un re. In particolare, la statua B ha fatto pensare si tratti di un re poiché porta sul capo la tenia, una fascia usata per le acconciature regali. Data la loro straordinaria somiglianza e visto che sono stati ritrovati insieme, si presume che siano stati realizzati dallo stesso artista, indicativamente nel V secolo a.C. ad Argo, in Grecia. ​

In realtà, le sale del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria custodiscono esemplari davvero unici: come due scheletri di Homo Erectus e una serie di strumenti di vita quotidiana del neolitico (contenitori per il trucco ad esempio, con ancora i resti di ombretti e cipria usati dalle donne 4000 anni fa​!).


Villa Genoese e le statue di Rabarama

Un altro gioiello di Reggio Calabria è Villa Genoese Zerbi, uno degli edifici storici affacciati sul lungomare Falcomatà. Anche se oggi è chiusa al pubblico, la Villa merita comunque una sosta per il suo stile neogotico veneziano. Unico nel Sud Italia, l’edificio è stato modificato integralmente dopo il terremoto del 1908. Le sue facciate in mattone rosso si rifanno alle ca’ veneziane e sono decorate completamente da archi in stile gotico, colonne, stipiti e balaustre. Fino al 2007 Villa Genoese Zerbi è stata la sede espositiva della Biennale di Venezia nel mezzogiorno e ha ospitato le tre statue di Rabarama (nome d’arte della scultirce romana Paola Epifani) che oggi si trovano all’esterno. Nell’ottobre del 2007, infatti, la Villa è stata lo scenario per la mostra antologica di Rabarama, con oltre 70 opere, tra cui le tre gigantesche sculture poi acquistate dal comune di Reggio Calabria. La prima, “Trans-lettera”, è un’enorme figura di bronzo col capo chino, dipinta di bianco e nero; c’è poi “Labirintite”, semisdraiata, in bronzo dipinto di bianco e verde, e “Costell-azione”, accovacciata, in alluminio dipinto di bianco e bordeaux. Queste gigantesche figure umanoidi sono decorate completamente da geometrie, lettere e altre forme che simboleggiano le infinite combinazioni e le varietà possibili dell’essere umano. 

Dopo una passeggiata contemplativa lungo il chilometro più bello d’Italia e una visita al Museo, una pausa gastronomica di qualità è d’obbligo! E dove se non da “Cesare”, il mitico chiosco verde dei gelati, che proprio tra il Museo e la “Via Marina” accoglie centinaia di avventori al giorno.

È lì ormai da 100 anni e rappresenta un pezzo di città, un pezzo di storia, un tassello della vita di tutti gli abitanti di Reggio Calabria e dei suoi visitatori. Alla fine degli anni ’80 Cesare lascia il testimone al figlio Davide che, con decisione e lungimiranza, riattrezza il laboratorio e si dota di una vetrina con ben quaranta vaschette per andare incontro ai gusti di tutti.


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