Roghudi vecchia, un borgo fantasma

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Valli scoscese e mare a perdita d’occhio. La Calabria offre una vegetazione gelosamente aggrappata ad una terra selvaggia, ma che vanta un fascino intimo e senza tempo. Tra i suoi tesori, ospita una costellazione di borghi, brutalmente abbandonati a causa di disastrose alluvioni o spopolati dopo l’esodo dei suoi abitanti, scappati verso i paesi della costa. Borghi fantasma, ma dall’animo ancora vitale. Tra questi spicca Roghudi, un comune abbarbicato su un contrafforte, apparentemente morto, ma ricco di storia, cultura e ricordi. Un po’ come la terra che lo tiene in grembo.


Alla scoperta di Roghudi

Castello Murat

La Calabria è una terra che impersonifica la timidezza: si lascia intravedere piano piano, ma quando si svela, lascia il visitatore senza fiato. Ne è un esempio Roghudi Vecchio, un piccolo paese abbandonato che si erge su uno sperone roccioso, a circa 600 metri dal mare e nel territorio dell’Aspromonte reggino. Il suo nome deriva dal greco Rogòdes, ovvero “paese di crepacci” oppure da Rhekhodes che possiede il significato di “aspro”. In realtà, Roghudi si presenta come un borgo fantasma abitato già dal 1050 e facente parte dell’are area grecanica, ossia la zona in cui si parlava la lingua greca. Alla fine del XX sec. il piccolo comune di Roghudi contava 1.650 abitanti, stretti uno all’altro nel serrato dedalo di case affacciate sul fiume Amendolea. A causa delle continue alluvioni, il sindaco Antonio Romeo si trovò costretto a decretare l’abbandono forzato di Roghudi. Ma, parte della popolazione del borgo non si arrese all’ordinanza, e passarono due anni quando gli ultimi superstiti decisero di lasciare la frazione di Ghorio.


La lavorazione della ginestra

La lavorazione della ginestra rappresenta un’arte antichissima a Roghudi, un tempo tramandata di madre in figlia. Una pratica che oggi viene custodita da poche persone, ma che in passato veniva utilizzata per realizzare tessuti e vestiti. I fusti della pianta, raccolti generalmente nel mese d’agosto, venivano dapprima macerati, resi flessibili e poi ridotti in matasse. Al telaio e all’abilità delle tessitrici era infine affidata la trasformazione della ruvida tela in utili capi o tessuti.

Un silenzioso custode di leggende e misteri

Da quel momento, Roghudi vecchio non esiste più, inghiottito dalla vegetazione e squassato dal tempo. Un borgo svanito sulle cartine, ma non per tanti fotografi ed esploratori amanti degli urbex, i cosiddetti borghi fantasma. Oggi Roghudi Vecchio si mostra ai visitatori più curiosi e attenti, soprattutto se amanti dei luoghi avvolti nel mistero. Storia, uomo e natura si mescolano in un affresco di casette costruite a picco sui precipizi, viuzze strette e scorci magici. Inoltre, una piccola traccia di religiosità è racchiusa nella chiesetta di San Nicola, oggetto di recente restauro. Un luogo fermo nel tempo, ma le cui anime più profonde sembrano ancora parlare al visitatore. Una di queste intona di notte il lamento incessante dei bambini che hanno vissuto questo luogo.

Secondo un’antica leggenda, infatti, alcuni bambini sono andati incontro ad un triste destino, precipitando tra i tanti crepacci che caratterizzano l'abitato. Altre significative suggestioni, invece, sono legate alla vicina frazione di Ghorio di Roghudi, attualmente abbandonata. E' qui che è possibile osservare particolari formazioni rocciose chiamate "Rocca tu Dracu" (Rocca del Drago) e "Caldaie del Latte".


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