Miele: una lente d’ingrandimento sulle sue proprietà
Proviamo a capire com’è composto da un punto di vista chimico.
La chimica del miele varia a seconda della geografia e della purezza del campione. Non esiste una scala standard a livello globale. Tuttavia, il miele ha un contenuto pari all’80-85% di carboidrati e al 15-17% di acqua. Infatti, gli zuccheri sono i suoi principali costituenti. Dunque, risulta facile assimilarlo a un semplice concentrato zuccherino.
Niente di più sbagliato: il miele possiede proteine, nella misura dello 0,3% in media e altre componenti quali amminoacidi, fenoli, pigmenti, vitamine e sali minerali.
Carboidrati: i principali sono il fruttosio e il glucosio e, in misura minore, il saccarosio. Il miele è un alimento dall’elevato valore nutritivo e facilmente assimilabile: il glucosio, in particolare, fornisce energia di immediato utilizzo, mentre il fruttosio è consumato più lentamente garantendo un apporto energetico più diluito nel tempo. Un’altra importante considerazione riguarda il rapporto tra i due zuccheri principali, ovvero glucosio e fruttosio: a un elevato livello di glucosio corrisponde una maggiore cristallizzazione del miele. Infine, sono presenti piccole quantità di disaccaridi e trisaccaridi.
Proteine: nei diversi tipi di miele sono state individuate circa 8-10 proteine, di cui 4 sono risultate comuni a tutte le varietà di miele. Si tratta per lo più di proteine ad attività enzimatica prodotte dalle api nel processo di trasformazione del nettare. Esse sono, ad esempio, l’amilasi, che digerisce l’amido in maltosio e la saccarasi che catalizza la reazione di conversione del saccarosio in glucosio e fruttosio.
Microelementi: per quanto riguarda i minerali presenti nel miele, questi sono essenzialmente il calcio, il magnesio, il potassio e il sodio. Mentre per quanto riguarda le vitamine, quella più abbondante è la vitamina C.
In merito all’attività farmacologica del miele, esistono diversi studi scientifici che confermano l’appropriatezza di alcuni “rimedi della nonna”. Diverse pratiche antiche confermano l’uso terapeutico del miele. Solo 400 anni prima della nascita di Cristo, Ippocrate, il padre della medicina, pronunciò queste illuminanti parole: fai che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo.
Le proprietà del miele rappresentano senz’altro una possibile applicazione pratica di questo insegnamento. Innanzitutto, il miele può agire come un antibatterico e ciò si concilia perfettamente con un’importante emergenza pratica che si sta affermando negli ultimi anni: il rapido sviluppo di resistenza agli antibiotici da parte dei microrganismi.
Nonostante il meccanismo antibatterico del miele non sia stato del tutto compreso fin ora, molti ricercatori hanno proposto che questo possa inibire la crescita batterica grazie all’azione di diversi fattori, quali la sua elevata concentrazione zuccherina, il suo basso pH e la capacità di generare il perossido di idrogeno.
L’elevata concentrazione zuccherina unita al suo basso contenuto d’acqua permette al miele di espletare la sua funzione come antibatterico soprattutto nella medicazione delle ferite. Il processo che si verifica è simile a quello che si osserva quando si mette lo zucchero dentro la macedonia: dopo qualche ora il bicchiere si riempie di un ottimo succo e la frutta si disidrata. Ciò avviene perché l’acqua contenuta nella frutta migra e viene attratta dalla soluzione zuccherina. Per una ragione entropica, l’acqua tende a passare dalla soluzione meno concentrata a quella più concentrata. Il miele, grazie alla sua concentrazione osmotica, assorbe acqua dalla cellula microbica che, in tal modo si raggrinzisce.
Anche il pH può essere considerato un fattore di controllo della crescita batterica: il miele ha un pH acido, compreso tra 3,2 e 4,5. L’acidità è data in particolar modo dalla presenza di diversi acidi organici come l’acido formico, l’acido acetico, l’acido butirrico, l’acido malico e l’acido lattico che si trovano già nel nettare. Il pH acido è in grado di indebolire, o annientare, numerosi microrganismi. Questi per crescere e svolgere le loro attività metaboliche, hanno bisogno di acqua disponibile, ovvero acqua che non sia legata ad altre componenti (aw): il basso contenuto di umidità del miele porta a valori di aw (attività dell'acqua) compresi tra 0,56 e 0,62. Ciò ostacola la crescita di quasi tutti i microrganismi a eccezione di alcuni lieviti e batteri osmofili.
Dunque, il miele non può essere confinato allo scialbo e banale ruolo di dolcificante, ma è un prodotto dalle peculiarità speciali.
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