Alla scoperta della struncatura

Agroalimentarità

In una Calabria agricola, latifondista, della fine del ‘800, la vita contadina nella Piana di Gioia Tauro era angosciata dai problemi derivati dalla mancata soddisfazione dei bisogni primari. 

Mentre le tavole dei proprietari terrieri abbondavano dei prodotti offerti da questa terra mai parca, i contadini vivevano di scarti, addirittura da spartire con gli animali domestici. Come gli avanzi della molitura, spazzati letteralmente da terra, e con i quali veniva realizzata una pasta molto ruvida, dal colore scuro e dal gusto acido detta struncatura. Per il suo costo estremamente basso era destinata principalmente agli animali, ma veniva consumata anche dai contadini che non avevano molto di cui nutrirsi e la utilizzavano per realizzare una pasta lunga. 

Una volta cotta, la condivano con tanto peperoncino, acciughe e olive proprio per coprire il sapore acido.

A causa delle scarse condizioni igieniche con le quali era prodotta, ne venne proibita la vendita per lungo tempo, benché venisse comunque contrabbandata in alcune botteghe della zona.

Questo piatto così povero e umile racchiude in realtà tutta la cultura alimentare del Sud, secondo la quale ogni alimento è sacro e non va mai sprecato.


Costiera Amalfitana

Costiera Amalfitana

Ora come allora preparare l’impasto è la cosa che preferisco fare: dovete unire prima uova, zucchero, olio, lievito e la scorza di limone grattugiata in una ciotola e aggiungere man mano la farina setacciata. Una volta che si sarà compattata a sufficienza continuate a impastare su una spianatoia, sempre aggiungendo la farina, fino a ottenere una pasta morbida e liscia.

A questo punto dividete il panetto in pezzetti lunghi 10cm circa.

Nonna prendeva un cesto di vimini pulito e lo rovesciava, lo infarinava e ci “cavava” sopra questi pezzetti di pasta, per ricreare lo stesso effetto dello gnocco di farina rigato con i rebbi della forchetta. Non avete un cestino a disposizione? Non preoccupatevi, andrà bene qualsiasi cosa che abbia un intreccio simile, come un sottopentola in vimini ad esempio.

Per friggere utilizzate una pentola di medie dimensioni da riempire di olio per metà della sua capienza. Una volta che l’olio è pronto, friggete i crustoli e metteteli a freddare su della carta assorbente.

Ed è ora che arriva la magia: dentro un pentolino versate il miele dorato e diluitelo con un po’ d’acqua e zucchero a fuoco lento; immergete quindi i crustoli, che in poco tempo diventeranno “gioielli” lucidi e profumati. Tirateli su con una schiumarola e metteteli nuovamente a freddare su una graticola così che il miele in eccesso possa scolare.

Ed ecco che casa si riempie dell’odore che per me ha il Natale, da sempre.


Piana di Gioia Tauro

Piana di Gioia Tauro

La struncatura si è adattata ai tempi che attraversa, prestandosi alle mode culinarie del momento. E così, dopo essere stata scelta per rappresentare parte del patrimonio culinario calabrese al padiglione Rai dell’Expo 2015, ecco che impazza la ricerca alla versione più stravagante nelle cucine dei ristoranti di zona.

De Gustibus, il ristorante di Maurizio Sciarrone a Palmi, propone una versione con pinoli, alici, finocchietto selvatico, basilico e peperoncino e un’altra con ‘nduja, pecorino e cipollotto fresco. La stellata Locanda di Alia prevede una ricetta con alici o baccalà o lumache di terra.

La Struncatura, a Gioia Tauro, si è inventata persino una pizza con struncatura. E poi c’è Nino Rossi, al Qafiz di Santa Cristina di Aspromonte, che l’ha trasformata in una maionese.

La struncatura diventa così emblema di una tradizione e di una terra che si è sempre dovuta ingegnare con quello che aveva, arrivando ogni volta a risultati inaspettati.

Sei hai voglia di assaggiarla, The Fork ha stilato la lista dei migliori ristoranti convenzionati dove farlo (ce n’è uno anche a Milano!).


CalabrEat

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