Il Caciocavallo Silano e il potere della filatura

AgroAlimentarità

La storia del caciocavallo è la storia dei pastori e della transumanza. È la storia di tre soli ingredienti (latte, caglio e sale) che si uniscono per dar vita a un prodotto semplice e gustoso, che conquista chiunque ha il piacere di assaggiarlo su una bruschetta appena cotta. Il caciocavallo silano riveste oggi un ruolo molto importante nella tradizione enogastronomica della Calabria e, con il passare del tempo, è riuscito a mantenere inalterate tutte le sue qualità originarie.


Ippocrate (460 a.C. - 377 a.C.)

Ippocrate (460 a.C. - 377 a.C.)

Le antiche origini del caciocavallo

Se guardiamo alla nostra penisola, soprattutto il Sud Italia sente fortemente proprie le radici di una cultura d’eccezione, quella greca. Cultura che ancora oggi sembra non essersi mai estinta, ma rimane viva manifestandosi nelle abitudini, nei costumi, nell’arte e nella tradizione enogastronomica delle terre del mezzogiorno.

Figlio della cultura greca è anche il caciocavallo, la cui produzione è talmente antica da essere citata da Ippocrate in uno dei suoi numerosi testi dedicati alla preparazione degli alimenti e all’arte del cibo. Il filosofo parla infatti per la prima volta di “cacio”, evidenziando l’abilità del popolo greco nella preparazione di questo formaggio. Dopo Ippocrate, anche Plinio descrive ed esalta le qualità uniche del “butirro”, un antenato dell’attuale caciocavallo, definendolo “cibo delicatissimo”.


Perché si chiama caciocavallo?

 A volte, la lingua italiana è davvero strabiliante ed è proprio nei termini più strettamente legati alla tradizione che si annidano aneddoti interessanti. Sull’origine del nome ci sono varie ipotesi piuttosto discordi tra loro. Tuttavia, quella più avvalorata è che il termine caciocavallo sia legato all’usanza, antica quanto il formaggio stesso, e ancora oggi usata, di legare le forme a coppie utilizzando dei legacci che sembrano delle vere e proprie briglie.  La denominazione “silano”, invece, deriva dalle origini antiche del prodotto, legate all’altopiano della Sila. Viene prodotto infatti in un ecosistema di rara bellezza, probabilmente tra i più incontaminati al mondo.

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Si fa presto a dire formaggio. Certo è fatto col latte, ma come?

Nel tempo, il caciocavallo è riuscito a mantenere inalterate le sue caratteristiche originali diventando il cibo ideale dei contadini del sud Italia. Nel 1996 è riuscito a ottenere il marchio DOP, con il quale è entrato a far parte dell’élite dei prodotti regionali. Tale riconoscimento impone ai produttori il rispetto di un disciplinare di produzione rigoroso, fattore indispensabile per poter garantire ai consumatori la qualità, la sicurezza e l’autenticità di questo formaggio.

Il caciocavallo silano DOP ha una particolare forma ovale o tronco-conica, con testina o senza, a seconda delle consuetudini locali e presenta delle insenature dovute ai legacci con cui viene avvolto durante la stagionatura. Il suo sapore è aromatico e tendenzialmente dolce quando il formaggio è giovane, fino a diventare piccante a maturazione avanzata. La crosta è liscia, sottile, di colore giallo pallido e diventa più intensa durante la stagionatura. 

Le forme vengono sottoposte ad un attento esame: solo se possiedono i requisiti per essere definite conformi al disciplinare di produzione possono essere fregiate di un cartellino identificativo, riportante il marchio DOP, il simbolo del Consorzio e i dati relativi all’azienda produttrice. In questo modo si evita la circolazione di prodotti non certificati, o addirittura irregolari, realizzati con latte di bassa qualità e con processi di produzione non a norma.

Una ricchezza del nostro territorio, tanto da poter essere definito oro filato della Calabria. Prodotto che la caparbietà di uomini genuini e onesti ha saputo promuovere e tutelare, fino a farla diventare una ricchezza per tutti i cittadini europei.

Il Caciocavallo Silano è ideale da mangiare accompagnato semplicemente con del pane, più buono se scaldato, ma è l’ingrediente principe di moltissime ricette calabresi. Viene usato, ad esempio, per farcire gli involtini di melanzana, nella pasta al forno, sulla pizza e perfino in versione grigliata.


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