La tradizione dei mostaccioli

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Durante tutte le fiere e feste patronali che si svolgono in Calabria si possono ammirare i più bei prodotti dell’artigianato calabrese: dai cesti in vimini, fatti interamente a mano (detti panari), alle terrecotte e ceramiche. In tutte le bancarelle dedicate alla gastronomia, non manca mai un tipico e particolarissimo dolce: i mostaccioli. Biscotti duri fatti con farina e miele (alcune versioni anche con mosto di vino caldo), dalle forme svariate e decorati con carta stagnola vivacemente colorata. Nelle fiere di paese, quello dei mastazzolari è un ruolo importante: sempre in giro per la regione, con al seguito la caratteristica cassapanca da cui si diffondono profumi di mosto e miele e colori di ambra e oro.


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Alle origini del nome

Tradizione vuole che i mostaccioli si preparino a partire dall’8 dicembre e che rallegrino tutto il periodo di Natale. Tuttavia, questi biscotti non hanno una veste esclusivamente natalizia, ma rientrano tra i dolci delle festività per eccellenza.

Il loro nome deriva probabilmente dal latino mustĕus (mosto) - ingrediente da sempre presente nella ricetta originale - che, a seconda delle aree di produzione, può diventare mastazzola o mustazzoli.

Già Catone parla della ricetta di piccole focacce dolci, i mustacei, a base di farina, mosto e anice; molti altri autori romani ne fanno riferimento, evidenziando come questi dolci favoriscano la digestione. In epoca tardo-medievale si incontrano invece i mostazoli, biscotti a base di mosto cotto, il cui suffisso -olo lascia pensare che dalla forma più grande delle schiacce romane si sia passati a dolcetti di diametro inferiore. 

 

I mostaccioli di Soriano Calabro

L’antica tradizione dei mostaccioli ci conduce in particolare a Soriano Calabro, un piccolo comune in provincia di Vibo Valentia, dove i maestri mastazzolari modellano i loro mostaccioli a intaglio, aggiungendo piccoli pezzi di carta stagnola di diverso colore. La preparazione è semplice e consiste nell’impastare una parte di acqua e tre parti di miele sciolto a bagnomaria, addizionando lentamente la farina setacciata. Dopo averlo fatto riposare tutta la notte, l’impasto si modella a mano su tavoli di legno o di marmo. Il forno utilizzato per la cottura era un tempo alimentato a legna e prevedeva una temperatura di  circa 22°C, che dava ai biscotti la caratteristica consistenza dura e il colore bruno.

A Soriano Calabro è ancora oggi diffusa un’antica leggenda che ricorda come sia stato un Monaco di Serra San Bruno a portare la ricetta del Mostacciolo dalla Certosa al paese. Sembra quindi che l’arte dolciaria sia stata trasmessa dai Monaci Certosini della Certosa di Serra San Bruno ai Frati Domenicani di Soriano Calabro. Si presume quindi che i mostaccioli siano dolci tipici della tradizione locale prima e calabrese poi. Probabilmente in origine erano prodotti e consumati in paese e si diffusero grazie ai pellegrini, che raggiungevano il santuario di Soriano Calabro da tutta l’Italia Meridionale. Sarebbero stati quindi proprio i fedeli a diffonderne la ricetta, con tutte le varianti che oggi conosciamo.


Dolci dal forte simbolismo

I mostaccioli hanno sicuramente un’origine votiva e rituale. Per le loro artistiche raffigurazioni e i profondi valori culturali, ve ne sono alcuni esposti presso il museo del Folklore di Palmi, nel Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma e presso il Centro del Folklore della stessa Soriano. Come dicevamo infatti, i mostaccioli si caratterizzano per le particolari forme che gli vengono conferite.

L’intento degli artigiani di Soriano Calabro è quello di evidenziare, attraverso forme così particolari e minuziose come il cavallo, la capra, il gallo, o il pesce, il forte legame della cultura popolare con le attività dell’agricoltura e dell’allevamento, nonché il legame tra l’uomo e il cosmo.  Spesso ai mostaccioli viene data la forma del Santo Patrono, al fine di sottolineare la devozione del popolo e l’importanza attribuita alla tradizionale festa popolare. E ancora, il cuore simboleggia l’amore, e viene quindi regalato durante fidanzamenti, matrimoni e altre ricorrenze amorose, quasi come pegno o promessa.

Così Enzo Gatti, avvocato modenese, cultore di storia antica e autore di diversi saggi, ricorda che l’uso di dare alla pasta sembianze antropomorfe o zoomorfe risale a epoche remote e anche mitiche. Il pane a forma di animali offerto agli Dei evitava ad esempio di sacrificare le bestie. Mentre i mostaccioli a forma di “S” rovesciata rimandano alla rappresentazione arcaica del serpente a due teste, simbolo di fortuna. 


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