I fileja: una pasta calabrese di antica memoria

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Il tavolo è occupato da un’imponente spianatoia in legno e intorno a esso un gruppo di bambini ha indosso un largo grembiule e lo sguardo concentrato. Le loro mani affondano, con fare curioso e piuttosto impacciato, all’interno di un morbido impasto; tutti attenti a seguire i movimenti esperti della nonna che governa la sua brigata con grande maestria. È lei l’artefice di quella pasta che ha preso forma con tre semplici ingredienti, farina, acqua e sale. La mostra con occhi pieni di orgoglio, la accarezza, se ne prende cura e infine la fila attorcigliandola intorno a una sottile bacchetta che lei chiama “danacu”.

È questa la domenica secondo l’arte della cucina calabrese. Una cucina povera ma generosa, che vede come protagonista di ogni pranzo, soprattutto domenicale, i fileja, una pasta interamente fatta in casa.


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Alle origini del nome

In ogni zona della Calabria, i fileja sono stati battezzati con nomi differenti. Ma diciamolo, che siano maccaruni i casa, scialatielli, scilatilli, firrazzul, maccarruni a firrettu, la sostanza non cambia e l’accezione rimane uguale. Il termine dialettale fileja, in particolare, ricorda l’azione del “filare” (come anche scilatielli o scialatielli lo “scilare” o “scialare”) la pasta. Sull’etimologia del termine maccheroni - anche questo spesso utilizzato - ci sono varie teorie: potrebbe derivare dal greco bizantino μακάρωνεια ossia “canto funebre” oppure, secondo il glottologo e linguista Giacomo Devoto, maccherone è una doppia derivazione da macco, “polenta di fave”, dal greco maccare, cioè schiacciare.

 

Ma cosa sono i fileja?

I fileja sono una pasta fatta in casa, di origine antica, tipica della tradizione calabrese, in particolare della provincia di Vibo Valentia. Si tratta di un piatto povero i cui ingredienti sono essenzialmente tre: farina, sale e acqua. Di colore giallo chiaro e dalla forma caratteristica a “vite allungata“, vengono generalmente realizzati con semola di grano duro e acqua. La caratteristica di questo tipo di pasta è la filatura, fatta da mani svelte ed esperte, in genere attorcigliando l’impasto attorno a una bacchetta (“danacu”), ottenuta dal fusto di una pianta selvatica detta “gutamara”. Rispetto a ciò, esiste una variante di questo piatto, “i fileja masculi” che si distinguono per non essere “filati”. Questo perché, a volte, la massaia non aveva tempo per la preparazione tradizionale.


 Una pasta povera ma ricca

I fileja sono preparati con soli tre ingredienti, è vero, ma la cucina calabrese non permette tanta semplicità. C’è bisogno di sostanza e grande elaborazione. Così, i fileja sono in genere accompagnati da sughi succulenti a base di carne di capra e maiale, con il Pecorino di Monte Poro o con la ‘nduja di Spilinga per dare il sapore piccante che tanto caratterizza i piatti della nostra terra. Nel vibonese sono tipici invece i Fileja e ciciari, ossia con i ceci, cotti rigorosamente nella pignatta, che nel camino delle nonne scoppietta sin dal mattino.

 

Per chi si volesse cimentare nella realizzazione dei fieja calabresi e riscoprire i sapori autentici della domenica, eccovi la ricetta:

Ingredienti

  • 1 kg Farina di grano duro

  • 500 ml Acqua (tiepida)

  • 1 pizzico Sale

 

Preparazione

1. Versate la farina su una spianatoia di legno e create la fontana al centro, quindi unite il sale e poco per volta l’acqua tiepida. Impastate bene fino a ottenere una pasta liscia e omogenea.  Per far si che ciò avvenga, l’impasto dev’essere lavorato per almeno 30 minuti.

2. Trascorso questo tempo di lavorazione, prendete dei pezzi d’impasto e create dei cordoncini. Da essi ricavate dei pezzetti di circa 2-3 centimetri.

3. A questo punto prendete un ferretto o un rametto di ginestra essiccato (il famoso “danacu”) e lavorate i pezzetti di pasta in questo modo: poneteli al centro del ferretto e filate la pasta con entrambe le mani fino a ottenere un cordoncino lungo circa 8-10 centimetri.

4. Una volta pronti, fate cuocere i vostri fileja per qualche minuto in acqua bollente, condite e servite.


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