Il peperoncino di Calabria

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Luglio, agosto, giorni in cui la vampa dell’estate si accompagna ai sapori dei fichi maturi, delle olive in salamoia, del pane preparato in casa con un rito affascinante sul far del mattino. Giorni in cui nemmeno la calura spegne il desiderio d’amore che vibra tra i ragazzi e accende gli animi come peperoncino vivo sulle labbra.” (Carmine Abate)

Un americano nel Mediterraneo

Se è vero, come asseriva Feuerbach, che l’uomo è ciò che mangia, il calabrese sarebbe sicuramente ben rappresentato da un peperoncino: rigenerante, tenero e infuocato.

Il peperoncino piccante calabrese appartiene al genere Capsicum, della famiglia delle Solanacee. Secondo alcuni, il nome latino “Capsicum” deriva da “capsa” che significa scatola e deve il nome alla particolare forma del frutto, che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. Secondo altri invece, “capsa” avrebbe origine dal greco “kapto”, letteralmente mordere, probabilmente in riferimento al sapore piccante che “morde” la lingua quando lo si mangia.

Cristoforo Colombo. Ritratto postumo eseguito da Ridolfo Ghirlandaio, circa 1520

Cristoforo Colombo. Ritratto postumo eseguito da Ridolfo Ghirlandaio, circa 1520

La storia del peperoncino è davvero antichissima: Cristoforo Colombo, partito per cercare le Indie delle spezie, scoprì invece le Americhe del peperoncino. È proprio grazie al suo secondo viaggio che nel 1943 il peperoncino sbarcò in Europa e da quel momento non ha smesso di viaggiare in lungo e in largo. Difficile oggi trovare un posto nel mondo in cui non sia presente, ma nei suoi interminabili viaggi, il peperoncino ha scelto alcuni luoghi di residenza privilegiati. In Calabria il peperoncino non solo si è integrato, ma è diventato l’emblema della cucina locale. E allora, da quel 1493 circa, non c’è ricetta tradizionale in Calabria in cui non appaia il peperoncino piccante.

Complici di questo successo sono sicuramente le particolari condizioni meteoclimatiche della Calabria e il suo terreno sabbioso e argilloso, che rappresenta il luogo ideale per la crescita di un buon peperoncino. In genere, il peperoncino calabrese viene piantato a metà inverno, fra gennaio e febbraio, in terreni ben esposti al sole, che possano essere adeguatamente innaffiati e dove le temperature non scendano mai sotto i 5° C. La raccolta avviene in estate, tra agosto e settembre perché i frutti maturano relativamente tardi. Quando non consumato fresco, il peperoncino viene posto a seccare al sole e poi conservato.


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Cosa dà la piccantezza?

Alla base della piccantezza del peperoncino c’è l’alcaloide capsaicina che insieme ad altre quattro sostanze correlate, chiamate nel complesso capsaicinoidi, dà la sensazione di “bruciare” le papille gustative. Ogni capsaicinoide ha un determinato effetto al palato e una variazione nelle proporzioni di queste sostanze provoca diverse sensazioni a seconda delle varietà di peperoncino. Si tratta di sostanze con effetti antibatterici, per questo i cibi cotti col peperoncino possono essere conservati più a lungo.Numerose sono anche le sue proprietà benefiche, grazie alle quali ha la capacità di migliorare la circolazione sanguigna e proteggere il sistema cardiovascolare, essendo un ottimo vasodilatatore. È uno degli alimenti col più alto contenuto di vitamina C, soprattutto se consumato fresco e, se aggiunto al cibo, è in grado di ridurre i morsi della fame.

Peperoncini essiccati

Con l’arrivo della stagione fredda, è il momento di fare una buona scorta che possa durare almeno fino a primavera. In particolare, l’essiccazione diventa un ottimo metodo di conservazione del peperoncino che, in questo modo, rimane a disposizione per tutto l’anno. Una delle alternative che viene più utilizzata in Calabria e che meglio rappresenta le tradizioni di questa terra, prevede di “infilare” letteralmente i peperoncini chiudendoli a collana e disponendoli ad essiccare al sole. A raccolta ultimata infatti, le nonne calabresi armate di ago e filo, si dedicano a infilzare i peperoncini, precisamente in corrispondenza del picciolo. Una buona essiccazione è importantissima: infatti, un’essiccazione parziale potrebbe portare col tempo allo sviluppo di muffe e/o insetti. Per questo motivo, in genere, le collane devono essere mantenute al caldo, in luoghi con bassa umidità.Così, nello stesso momento in cui la stagione estiva ci sta quasi per consegnare all’autunno, i balconi di molti calabresi assumono i caldi colori del rosso e si abbelliscono di lunghe trecce di peperoncini.Una volta essiccati, i peperoncini vengono utilizzati in diversi modi: possono essere ridotti in polvere, dando vita a quello che viene definito “pipi pistatu”, con cui si arricchiscono di gusto, profumo e colore gli spaghetti o gli impasti di pane e pizza. Altra alternativa è quella di friggere i peperoni facendoli diventare cruschi, ovvero croccanti. Inoltre, il peperoncino così essiccato, diventa l’ingrediente fondamentale per alcune conserve ittiche come la sardella, tipica della provincia di Crotone, ma anche di molti salumi. Pensiamo ad esempio alla rinomata ‘nduja che non sarebbe tale senza quella abbondante dose di peperoncino. La fantasia di ristoratori e chef calabresi ha portato in tavola numerosi prodotti che vedono il peperoncino come ingrediente protagonista: alcuni particolari e originali come la marmellata, il liquore, il gelato o la cioccolata. Il peperoncino sulla tavola calabrese sta bene ovunque. A differenza di quanto si crede, il piccante, se ben dosato, non copre i sapori, anzi ha la capacità di esaltarli!


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